Quando il tempo esterno è prepotente, quando i fatti debordano da un tempo ordinario (o così è la percezione dell’artista), entrano direttamente nell’opera d’arte. La realtà modifica l’esistenza personale, individuale ma allo stesso tempo è in continuità con essa: realtà fuori dall’individuo e realtà individuale sono con-fuse. L’artista quando parla di sé, parla del suo rapporto con il mondo, poiché noi siamo connessi costantemente con esso attraverso una rete relazionale e fisica. Quando parliamo di noi parliamo del mondo. In un tempo di crisi l’arte assume la forma della crisi: l’arte prende su di sé il compito di raccontare la crisi. Potremmo dire che l’arte diventa impegno politico, militante. Ma quando parlo di militanza non mi riferisco a un qualche partito, mi riferisco alla militanza che ci affratella nell’ “essere uomini” condividendo una sorte comune. E quando parlo di politica parlo della polis, cioè di quel sistema relazionale (affettivo ed emozionale) grazie al quale noi siamo quello che siamo.
Può darsi che l’irruzione del tempo reale nella poetica individuale trasformi la poetica stessa in una didascalia dei fatti, degli accadimenti, sacrificando la potenza poetica di ogni artista. In effetti l’urgenza di cantare e dire del tempo presente, potrebbe portare alla composizione di opere edificanti, dove il messaggio è preponderante rispetto all’espressione artistica gratuita. E’ un rischio però che voglio correre. Una nuova forma dell’arte, in questo caso, potrebbe essere suggerita dalla realtà, che fornisce una cornice all’interno della quale entrare, delimitando la nostra opera. E comunque – personalmente – non mi sento di eludere il contesto, il nostro contesto: il tempo presente; quelli che scelgono di non dire niente di diretto ma di evocare soltanto il contesto, lasciandolo sullo sfondo o lasciandolo intuire, hanno la mia stima e il mio rispetto; tuttavia credo sia opportuno che l’arte riprenda la parola: l’emozione che sa suscitare l’artista dovrebbe portare ad una riflessione sulla contemporaneità, suggerendo una via di uscita.
Gli artisti dovrebbero unirsi nel cantare la contemporaneità per esorcizzarla, deriderla, renderla intelleggibile. Le parole dell’arte possano essere nuove parole per costruire ponti attraverso i quali immergerci nel nostro tempo e allo stesso momento sfuggire alla crisi, che prima di tutto è una crisi culturale in cui tutto il linguaggio di un’epoca è in discussione e declino.